lunedì 18 gennaio 2010

Terra preta, la terra che assorbe la CO2

La Terra Preta rappresenta un antico metodo per fertilizzare la terra scoperto in Amazzonia e secondo il National Geographic è stato il modo che ha permesso a grandi popolazioni di sostenersi per migliaia di anni. Lungo tutto il bacino amazzonico gli studiosi sapevano che il terreno fosse troppo acido e di riflesso poco produttivo per sfamare gli abitanti della zona, però si accorsero che certe zone coltivate erano formate da una terra dalla colorazione molto scura, molto differente dalla colorazione giallastra del suolo della zona: quella era la Terra Preta.
Attorno agli anni ‘80 si scoprì che quella terra estremamente fertile era il prodotto del lento bruciare di alberi e rifiuti legnosi.

Questa terra è stata usata per fertilizzare il suolo per secoli ripristinando aree agricole del Rio delle Amazzoni, soprattutto in modo sostenibile. Oggi le speranze riposte nella Terra preta, come per altri fertilizzanti, è attrarre alcuni funghi e microrganismi e tutte quelle piccole forme di vita che consentono alle piante di assorbire e trattenere le sostanze nutritive e mantenere l’humus e quindi il terreno fertile per centinaia di anni. I microrganismi utilizzano le varie parti dei vegetali in modo da creare una superficie dove le sostanze nutritive possono meglio attaccarsi.



Le varie università stanno studiando la Terra preta e confermano che i suoli scuri dell’area Amazzonica, ancora oggi dopo centinaia di anni, mantengono le loro sostanze nutritive e addirittura idrocarburi, che provengono principalmente dalla trasformazione della CO2.
Ciò suggerisce che l’aggiunta di Terra preta o un fertilizzante di questo tipo nel suolo potrebbe aiutare le regioni del mondo caratterizzate da suoli acidi ad aumentare le rese agricole.

Inoltre, il fertilizzante sostenibile potrebbe contribuire a ridurre la quantità di emissioni di gas serra rilasciati nell’atmosfera in quanto si è visto che la combustione del legno di un albero immette nell’atmosfera il 95% del carbonio immagazzinato dal vegetale. In presenza di Terra preta si ha una riduzione del 45-50% del carbonio rilasciato. Il resto è emesso in diversi derivati del carbonio la maggior parte dei quali sono chimicamente inerti per lunghi periodi di tempo (migliaia di anni), come nei terreni contenenti calcio e silicati il carbonio reagendo con il calcio produca semplicemente del innocuo carbonato di calcio che rimarrebbe nel suolo sotto forma di pietrisco e di polveri. La nuova Terra preta, avvenieristicamente parlando potrebbe essere iniettata sottoterra così da sequestrare la CO2 per secoli.

Fonte: (GenitronSviluppo)

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