giovedì 6 maggio 2010

Rilascio di metano in Siberia

La ricerca riguardante la fuoriuscita di metano dalla crosta Artica siberiana è il frutto della collaborazione fra l'Accademia Russa delle Scienze e l'Università dell'Alaska-Fairbanks. Si basa sui dati raccolti dal 2003 al 2008 e relativi alle condizioni della piattaforma artica della Siberia orientale. Gli studiosi non hanno dubbi che il terreno permanentemente ghiacciato (permafrost) stia dando segni di instabilità, lasciando sfuggire il metano che imprigiona. Finora si riteneva che il permafrost, compatto e durissimo, fosse una barriera impermeabile, ma i dati pubblicati su Science evidenziano che esistono delle falle attraverso le quali il metano fuoriesce.

Fonti qualificate del Centro Internazionale per la ricerca sull'Artico dell'Università dell'Alaska-Fairbanks affermano che il permafrost sottomarino sta perdendo la sua capacità di protezione impermeabile.

Nel periodo dell’ultima glaciazione la vegetazione della tundra, quando l’area era al di sopra del livello del mare, è riuscita a trattenere quantità enormi di anidride carbonica dall’aria durante il periodo di sviluppo delle piante. Gran parte del prodotto organico non si è mai decomposto , il restante intrappolato sotto l’area Artica ghiacciata, rappresenta ora la fonte di metano. Ma come il ghiaccio all’interno del permafrost si scioglie, le piccole bolle bloccate nel suolo salgono attraverso l’acqua di questi laghi e si rilasciano nell’atmosfera, con serie conseguenze sul clima.

Il metano, uno dei gas responsabili dell’effetto serra, si sta diffondendo dalla crosta Artica nell'atmosfera al ritmo di circa 8 milioni di tonnellate l'anno, la stessa quantità che attualmente viene prodotta dagli oceani di tutto il mondo.

Il metano che fuoriesce dall'Artico è l'idrato di metano, un componente che si presenta sotto forma di ghiaccio e che giace nei fondali degli oceani e nei territori molto freddi sotto il manto terrestre.

Questi si formano dal contatto di piccole molecole di gassose (metano) e l’acqua, in presenza di temperature prossime a 0°.

Il cambiamento del clima e il riscaldamento delle acque, provocati dall'effetto serra, producono uno scioglimento di questa formazione solida che, a poco a poco, sta sprigionando dei gas, i quali, entrando a contatto con l'ossigeno, alimentano ulteriormente l'effetto serra.

Una caratteristica è quella che, in condizioni di temperatura e pressione normali, un metro cubo di idrato produca circa 160 metri cubi di metano.

Con l’esaurimento dei combustibili fossili si potrebbe pensare ad un utilizzo degli idrati di metano, come futura energia alternativa. Già nel 1971 la Federazione Russa ha iniziato a sfruttare abbondantemente il grande deposito di gas idrato di Messoyakha. Oltre all’uso degli idrati esistenti, sperimentarono con successo, già nel lontano 1962 che i clatrati idrati possono trovare applicazioni nelle tecnologie della desalinizzazione dell'acqua di mare.

Per concludere possiamo dire che la geologia ci riporta almeno due volte indietro nella storia per trovare eventi simili a quelli attuali: la più recente di queste calamità si è verificata circa 55 milioni di anni fa in quello che i geologi chiamano il Paleocene–Eocene, quando una bolla di metano (blowout) ha provocato un rapido riscaldamento del pianeta fin tanto da sconvolgere il clima per più di 100.000 anni. L’altro episodio catastrofico si è verificato 251 milioni di anni fa, alla fine del periodo Permiano, quando una serie di bolle di metano erano vicine a cancellare tutte le forme di vita sulla Terra. Più del 94% delle specie marine presenti in quel record di fossili sono scomparse improvvisamente.

PS: Se vi piace leggere e l'argomento dell'articolo vi ha incuriosito, consiglio "Il quinto giorno" di Frank Schätzing.

Fonte: (Science)


1 commento:

  1. Mi piacciuto molto tuo art. L'argumento e che ancora non è troppo tardi per può essere attento e responsabile contro nostra Mamma Terra.
    Mi scusa mia mala italiana..:P

    XO

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