sabato 5 marzo 2011

Terre rare

L’Europio, il Samario, il Lantanio, non sono altro che i nomi di alcuni dei 17 minerali che fanno parte delle terre rare (in inglese “rare earth elements” o “rare earth metals”) e sono rappresentati nella tavola periodica come elementi chimici.

Sono materiali dai nomi insoliti diffusi un po’ ovunque nella crosta terrestre, la cui estrazione comporta tecniche non troppo diverse da quelle tradizionali, ma ad alto tasso di inquinamento da scorie, anche radioattive.

Senza questi 17 elementi rari non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà vita all’industria più avanzata. Il neodimio, per esempio, è l’elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l’hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare l’ossido neodimio è un “ingrediente” indispensabile nei magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l’europio e l’ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine «verdi»; lo scandio è la materia prima dell’illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medici di ultima generazione.

All’inizio degli anni '90 Deng Xiaoping aveva proclamato che " le Terre rare sono alla Cina quello che il Petrolio é per il Medio-Oriente. ", ed attualmente nessuna delle grandi multinazionali, da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon, può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi dalla Cina.

ùLe stime dicono che il 12% dei giacimenti è negli Stati Uniti, il 18% nell’ex Unione Sovietica, quantitativi minori sono sparsi in molti altri paesi e, a seconda delle stime, fra il 37% e il 58% risiede in Cina. Troviamo anche molte miniere in Afghanistan, ma i costi di estrazione delle terre rare è molto oneroso e non concorrenziale con quello cinese che le vende in tutto il mondo ad un prezzo decisamente basso. Ma già dal 2009 la Cina ha diminuito in modo drastico le esportazioni delle terre rare, dicendo che deve preservarle per ragioni ambientali e per le proprie esigenze.

Per il 2011 la Cina ha già annunciato una ulteriore riduzione delle esportazioni. La notizia preoccupa le industrie di alta tecnologia, in particolare il Giappone verso il quale Pechino ha persino bloccato l’esportazione a settembre durante una disputa per la sovranità su un gruppo di isole. Ora Tokyo progetta di creare un riciclaggio delle terre rare, come pure di cercare loro sostituti. Stati Uniti, Australia e altri produttori avevano fermato l’estrazione perché non redditizia, di fronte all’economica produzione cinese. Ma ora è ripresa la ricerca e l’estrazione di questi minerali, anche se occorrerà tempo per raggiungere una produzione adeguata.

E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall’Occidente verso la Repubblica Popolare.

La Cina, negli ultimi mesi, ha profuso enormi sforzi nella costruzione di una riserva strategica di terre rare. Non sono noti i dettagli del sito di stoccaggio ma secondo quanto riferito dalle agenzie di stato cinesi, dalle dichiarazioni delle aziende statali e dai report dei media statali sembrerebbe che il complesso sia stato costruito nella regione della Mongolia interna. Con una capacità di stoccaggio di terre rare che ammonta a più del totale di quanto esportato lo scorso anno dalla Cina (39.813 tonnellate) la riserva potrebbe avere la capacità di influenzare l’intero mercato globale, già ampiamente dominato dalla Cina, la quale, al giorno d’oggi, controlla più del 90% della produzione globale di terre rare.


Fonte: (giornalettismo)


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