mercoledì 2 febbraio 2011

Dal cashmere alle miniere

La Mongolia è grande cinque volte l’Italia ma ha solo 2,75 milioni di abitanti, di cui il 40% concentrati nella capitale Ulan Bator. Più di un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà 101.600 tugrik (60 euro) mensili nonostante nell’ultimo anno ci sia stata una crescita economica dell’8%: vent’anni dopo il collasso del comunismo il paese è a un nuovo punto di svolta.

La Mongolia, oggi è il Paese meno densamente popolato del mondo, con quattro persone per miglio quadrato. Si estende tra praterie sconfinate, steppe, foreste subartiche sempreverdi, zone umide, tundra alpina, montagna, e deserto. In questo contesto vivono; yak, capre, renne, cammelli, lupi, orsi, marmotte, scoiattoli, falchi, aquile e gru, e soprattutto alcuni degli ultimi popoli nomadi con i tradizionali cavalli selvaggi.

Negli ultimi dieci anni una combinazione di catastrofi economiche e climatiche hanno costretto molti mongoli provenienti dalle zone rurali a cercare opportunità nella capitale Ulan Bator, e la città si è ingrandita enormemente, da 300.000 a circa un milione di oggi .

La catastrofe economica sicuramente è derivata della crisi economica mondiale che ha portato ad una drastica riduzione della domanda del cashmere abbattendo radicalmente il prezzo della pregiata lana, fonte primaria di sopravvivenza, e mettendo per l’ennesima volta in crisi il popolo mongolo.

La catastrofe climatica invece è stata data dall’inverno scorso che è stato terribile per la Mongolia, con temperature sui 50 gradi sotto lo zero e con la neve che ha coperto il territorio mettendo alla fame le mandrie e le quasi diecimila famiglie di pastori nomadi. Circa dieci milioni di bovini, pecore, capre, cavalli, yak e cammelli sono morti, un quinto del totale del paese. Il danno è valutabile in 520 miliardi di tugrik, quasi 300 milioni di euro.

Un sondaggio ha messo in evidenza che queste tragedie hanno portato il 50% dei cittadini ad essere ben disposto ad accettare la nuova opportunità data dagli investimenti minerari. Questi, senza dubbio, rappresentano il futuro cambiamento epocale, dato dal più grande progetto di esplorazione mineraria nella zona di Oyu Tolgoi, nella Mongolia meridionale, con depositi minerari enormi, più grandi dell’intero stato della Florida. Sotto il suolo mongolo ci sono oro, rame, uranio, carbone e terre rare che aspettano solo di essere estratte. Il tutto si sviluppa tramite una joint venture tra una società canadese di nome Ivanhoe e il governo della Mongolia, con un finanziamento significativo dato anche dal colosso minerario cileno Rio Tinto. Insieme, hanno in programma di investire 5 miliardi dollari in operazioni nei prossimi anni, rendendo Oyu Tolgoi il più grande investimento straniero nella storia della Mongolia.

Il governo della Mongolia può tranquillamente essere considerato pro-mining e nel corso della vita previsto di 65 anni della miniera, i ricavi sono destinati a diventare un terzo del prodotto interno lordo della Mongolia. Il boom estrattivo senza dubbio triplicherà o quadruplicherà le dimensioni dell'economia mongola nei prossimi cinque anni, anche se il rapporto tra grandi risorse naturali del paese e la ricchezza della sua gente è ancora da definire.

Fonte: ( Guardian )


Nessun commento:

Posta un commento